Il problema dell’infertilità in Italia riguarda almeno il 15% delle coppie.
Nonostante negli ultimi 20 anni ci sia stato un notevole incremento della domanda di assistenza medica per l’infertilità, si calcola che soltanto 220.000 donne partner di coppie infertili su un totale di 605.000 cerchino un rimedio e soltanto 125.000 ricevano un trattamento specifico.
Vi è inoltre un alto tasso di abbandono delle terapie dopo i primi tentativi infruttuosi.
Resta quindi un alto numero di coppie, che non soddisfa il desiderio di prole.
Come società dei Ginecologi, crediamo che valga la pena di focalizzare l’attenzione sui fondamenti della fisiologia riproduttiva e sulla possibile prevenzione dell’infertilità. Partiamo quindi da alcuni dati poco noti al grande pubblico, che ci aiuteranno a capire dove mirare le azioni preventive.
I grandi nemici prevenibili della fertilità sono:
- l'età avanzata,
- le malattie a trasmissione sessuale,
- le cattive abitudini alimentari (obesità o magrezza patologica),
- le abitudini voluttuarie (tabacco, alcool e droghe).
La specie umana ha una bassa efficienza riproduttiva. In media un embrione su tre/quattro concepito in modo naturale riesce a diventare un bambino.
Questa bassa percentuale di successo dipende prima di tutto dal fatto che almeno il 40% delle cellule uovo presentano anomalie genetiche già sotto i 35 anni e questa percentuale sale vertiginosamente con il crescere dell’età.
La percentuale di embrioni con anomalie genetiche è di circa il 35% sotto i 35 anni e dell’80% sopra i 42 anni.
Oltre agli embrioni che non si impiantano, una parte riesce ad impiantarsi ma viene poi abortita: il tasso di aborto è di meno del 10% a 20 anni e del 50% a 42 anni.
La fecondità (cioè la capacità di concepire in figlio e portare a termine la gravidanza) nella specie umana è massima tra i 20 ed i 30 anni; a 35 anni è la metà ,a 38 anni è un quarto ed a 40 anni un decimo di quella di una donna di 30 anni.
Mentre diminuisce la qualità delle cellule uovo, diminuisce anche il patrimonio dei follicoli ovarici che le contengono e, oltre a permettere loro di maturare, producono gli ormoni femminili necessari per un regolare ciclo mestruale. Ogni donna nasce con un patrimonio di uno/due milioni di follicoli, che saranno rimasti 300.000 all’epoca della prima mestruazione, 25.000 a 37 anni e poche centinaia al momento della menopausa. Ci sarà però un momento in cui i follicoli basteranno ancora a produrre cicli mestruali ma gli ovociti non saranno più in grado di dar luogo ad una gravidanza. Questo fatto, che in media avviene sette anni prima della menopausa, è purtroppo poco noto alle donne e spesso sottovalutato dai medici; infatti quella parte di donne, circa il 10%, destinata ad entrare in menopausa prima dei 45 anni sarà già sterile a 37-38 anni e subfertile già a 32-33 anni.
Starà al ginecologo individuare le pazienti a rischio e consigliarle per il meglio.
L’età paterna manifesta più tardivamente i suoi effetti negativi, ma già dopo i 35 anni il numero di mesi necessari in media a concepire, pur con una partner di giovane età, è doppio di quello di un uomo di 25 anni e dopo i 50 si osserva un aumento degli esiti infausti della gravidanza.
Contrariamente a quanto si aspetta la maggior parte delle coppie infertili, le tecniche di riproduzione assistita non riescono a compensare la perdita di fertilità dovuta all’età: una donna su quattro riesce a concepire con la fecondazione artificiale a 35 anni, una su otto a 40 anni.
Una recente ricerca australiana ha dimostrato che da 1100 cicli di fecondazione artificiale in donne di età superiore a 44 anni sono nati in tutto 6 bambini, il che implica che ogni nascita è costata 753.107 Euro. Per ogni anno di età in più dopo i 30 anni le tecniche di procreazione assistita mostrano una riduzione del 13% delle possibilità di avere un bambino.
Oggi molte pazienti delle fasce di età più avanzata ricorrono a tecniche di donazione ovocitaria (ricorso a ovociti donati da una donna più giovane), eseguite all’estero, poichè vietate in Italia; questo fatto, ovviamente non dichiarato per giusti motivi di privacy, ingenera ulteriore confusione nelle aspettative del pubblico sull’efficacia delle terapie.
Purtroppo oggi, per motivi sociali, c’è una tendenza a dilazionare sempre più l’età della prima gravidanza. Da tutto quel che abbiamo detto dovrebbe essere chiaro che la più semplice prevenzione di molti casi di infertilità consisterebbe nell’anticipare la ricerca della gravidanza ad età più fertili. Questo certo non può avvenire senza un supporto forte di adeguate politiche sociali.
Per quanto riguarda le malattie a trasmissione sessuale il loro rilievo è aumentato da 6 a 10 volte negli ultimi 10 anni in Italia. Si tratta di infezioni subdole, spesso asintomatiche , che possono danneggiare sia la fertilità femminile che quella maschile, a cui le adolescenti sono più esposte per l’immaturità dei sistemi di difesa dell’apparato genitale. Si possono facilmente prevenire con l’uso corretto del profìlattico, anche in coppie che praticano altre forme di contraccezione. Si possono altrettanto facilmente diagnosticare e curare, se la donna si sottopone a controlli ginecologici.
Uno stile di vita dannoso per la fertilità, con le varie componenti negative spesso associate tra loro (alimentazione, fumo, alcool, droghe) può essere prevenuto o modificato da una informazione corretta, non direttiva, ma responsabilizzante degli adolescenti.
Oltre alla prevenzione primaria, vale la pena di ricordare che esistono situazioni che potrebbero far sospettare in anticipo una difficoltà di concepimento: è bene che la donna parli di queste con il suo ginecologo (vedi il box a fine articolo). Ci interessa in particolar modo oggi la diagnosi precoce della endometriosi, una malattia cronica, ingravescente, riconosciuta in Europa ed in Italia come malattia sociale, poichè è dimostrato che la donna arriva alla diagnosi con un ritardo di 9 anni dal manifestarsi dei primi sintomi, il che crea un danno non solo alla sua qualità di vita, ma anche alla sua fertilità. I ginecologi sono convinti che una efficace politica preventiva nell’epoca della informazione potrebbe essere un buon investimento a lungo termine per risparmiare cure impegnative e costose per la donna e per la società.